Nessuno di noi è un supereroe. Ma ciascuno di noi ha un superpotere. Da bambini ognuno di noi ha sognato di avere un superpotere. Qualcuno diceva che avrebbe voluto essere invisibile, qualcun altro che avrebbe potuto leggere nei pensieri della gente, qualcun altro ancora che avrebbe voluto teletrasportarsi. Poi siamo cresciuti e abbiamo capito che non esistono supereroi, che tutti siamo umani. Ma, pur nella nostra umanità, noi abbiamo dei piccoli superpoteri: il sorriso, l'empatia, lo sguardo. Cose semplici, che spesso utilizziamo senza accorgercene durante le nostre giornate. Ma che possono avere un enorme potere. Nel fine settimana ho partecipato ad un seminario sulla formazione degli operatori sanitari, sulle caratteristiche che è bene abbia chi dedica parte della sua vita ad aiutare gli altri, ad assisterli, anche come volontario. Si è parlato tanto di compassione, di empatia, di presenza emotiva. E tutte le riflessioni che ne sono scaturite nella mia mente mi hanno portato a scrivere questo articolo. Ho pensato a chi sta male fisicamente ma anche pisicologicamente. Non solo in ambienti specifici come gli ospedali ma anche nelle nostre case, nella nostra vita quotidiana, nei nostri rapporti interpersonali. "Io sono qui", è un concetto fondamentale nel rapporto con le persone che amiamo, siano i nostri figli o il nostro partner o altri. Ed in queste tre parole sono racchiusi tutti i bisogni di un individuo. Se "Io sono qui per te" significa che io provo empatia. Provare empatia significa che io sono capace di capire ciò che provi, non solo di capirlo ma anche di farlo mio, di riuscire a sentirlo dentro di me, di prendermene un pizzico per alleviarti se si tratta di qualcosa di doloroso o per gioire con te se si tratta di qualcosa di bello. Se "Io sono qui" significa che sono presente emotivamente, non fisicamente. Spesso, quando ci sono problemi nei rapporti tra coniugi o tra genitori e figli, le persone mi dicono :"Dice che si sente solo ma siamo sempre insieme". Qui c'è la differenza tra presenza fisica e presenza emotiva. Non basta stare nella stessa casa o nella stessa stanza per stare vicino a qualcuno. Si può stare un'intera giornata insieme senza in realtà essere vicini, senza comunicare veramente. E' importante capire di cosa esattamente l'altro ha bisogno. Pensiamo ad un figlio che sta attraversando un periodo di ansia o comunque un periodo difficile. Dirgli "Ma che motivo hai di stare così?" forse è il modo che più spesso i genitori hanno per incoraggiare. E' chiaro che l'intento è buono. Ma non è un riconoscimento della sofferenza dell'altro. Se nostro figlio sta male, che siano motivi ragionevoli o no, reali o no, lui ritiene comunque che gli manca qualcosa, che c'è qualcosa che gli crea disagio. Come dire ad una persona depressa di approfittare del sole e uscire per fare due passi. Chi è davvero depresso, difficilmente riuscirà a farlo. Forse ha bisogno anche di sentirti dire "Mi dispiace che soffri. Immagino tu abbia i tuoi motivi e capisco che non ce la fai oggi ad alzarti". E ricordiamoci il potere del sorriso. Ci sono tanti modi di sorridere, anche se il movimento dei nostri muscoli facciali sembra lo stesso. C'è il sorriso del buongiorno che trasmette allegria, c'è il sorriso che facciamo quando sentiamo la sofferenza di qualcuno che indica che siamo lì, ad ascoltare, c'è il sorriso che facciamo per incoraggiare. Il sorriso ha un enorme potere di trasmettere sensazioni positive all'altro. Se vogliamo dire "Io sono qui", dobbiamo tenere conto di tutto ciò. Piccole cose ma che fanno parte della vita quotidiana di tutti noi. E che ci possono aiutare nei rapporti alll'interno della nostra famiglia e fuori.